Parte 5: CONCLUSIONI – MORFOLOGIA DI UN’IDENTITA’ SESSUALE TRA CULTURA DEL CONFLITTO ED ISTITUZIONALIZZAZIONE.
Francesco Macarone Palmieri (Warbear)
In questa sede si vuole tracciare una riflessione conclusiva sul concetto di orso come figura
sociale, culturale, sessuale altalenante tra una energetica conflittuale, antagonista, disintegrativa rispetto al panorama omosessuale dominante e una dinamica integrativa che tende alla sussunzione di tale aritmia espressiva rispetto alla norma sessuale popolare. Ron Suresha si interroga sugli stimoli della nascita di una cultura sessuale, o meglio omosessuale, al di fuori di quegli schemi g-uppy (gay yuppy) che definiscono le dinamiche di relazione e le identità sociali ancor prima della nascita e sedimentazione della scena. E’ interessante seguire le orme all’indietro per fermarsi su un’icona storica di tutti i movimenti controculturali occidentali: Allen Ginsberg. Poeta, sovversivo, omosessuale ma soprattutto grosso, sovrappeso, barbuto, imponente, irsuto, sensuale, forte, dolce e spirituale, Allen Ginsberg sembra rappresentare la sorgente di quella storia che ci interessa attraversare qui. Il suo contributo a quella generazione distonica-maledetta del beat, la ritmica di devianti e deviati che hanno dato vita a musica e parole libere, critica ed azione diretta, sembra essere parallelamente il contributo a quella scena al di là da venire 25 anni dopo, in grado di trasformare il panorama omosessuale piatto e ordinato in un ruggito animalesco fatto di dolcezza ed individualismo.
Orsi e controculture, questo è il doppio passo che sembra incarnare Ginsberg come icona simbolica del cambiamento radicale indicandoci la strada per l’analisi a seguire. Suresha ricerca le origini destabilizzanti del movimento degli orsi vent’anni prima la sua nascita attraverso un altro percorso socioculturale, ovvero il movimento dei "radical fairies". Esso è stato, secondo lui, il letto di quel fiume di peli-pance-barbe e attitudine al cambiamento sviluppatasi successivamente. Tale movimento si esprimeva tramite valori tipicamente anarchici-rurali della scena hippy dei primi anni sessanta in chiave omosessuale quali l’uguaglianza di genere, la libertà sessuale, la vita country organizzata su base comunitaria (la comunità "short mountain collective" in Tennessee). Ciò viene testimoniato dalla loro pubblicazione "RFD: a country journal for gaymen everywhere ". Lo stimolo più grosso di questo movimento è stato nella creazione di quel senso di naturalità nell’approccio psicologico, culturale e sociale alla diversità sessuale quindi nella definizione del concetto di "natural man". RFD è stata l’unica pubblicazione, sebbene non dedicata esclusivamente agli uomini sovrappeso ed irsuti, a parlare di alterità sessuale, mostrando modelli alternativi a quelli che venivano proposti nella società occidentale. La celebrazione della barba diviene, attraverso il lavoro dei fairies un atto di sovversione simbolica o stravolgimento di quell’estetica clean, dominante che vedeva la sua crescita come un rifiuto dell’ordine. Non solo, i fairies uniscono alla barba e capelli lunghi vestiti ultracolorati, tipici sempre della cultura hippy, spesso giocati su un collasso dei codici poiché simbolicamente identificanti il genere femminile. I fairies portano avanti durante gli anni ‘70 una critica radicale a tutti gli istituti politici e sociali del panorama occidentale, rifiutando l’idea di famiglia, proponendo e praticando invece l’idea di sesso libero e vita in
comune. Il termine, oggi inflazionato, di " transgender" come riflessione sul genere e sui suoi attraversamenti oltre l’idea biologica di sesso, discende direttamente dal loro pranksterism simbolico fatto di barbe e rossetti, vestiti da donna e vite da contadino definiti "genderfuck". Le differenze fondamentali tra il postumo movimento degli orsi e i radical fairies si basa sulla dialettica rurale/urbana. Gli orsi secondo Suresha sono un’espressione tipica della metropoli occidentale al contrario dei valori country ecologisti, hippy dei radical fairies. Il continuo flirt degli orsi con la scena leather, poi, ne è palese testimonianza. L’ironia contraddittoria è che in alcune tracce di analisi sociologica all’interno del "bear book" si è resa palese, per quanto a mio avviso anche retorica, una grossa appartenenza degli orsi a quella fascia white collar, middle-upper class spesso conservatrice che gioca sessualmente in forma classista sulla feticizzazione di quell’estetica prolet americana fatta di boots, levis portati senza underwear, camicette di flanella e cappelli da baseball. Ma, come è evidente, una caratterizzazione analitica del genere lascia il tempo che trova proprio nel momento in cui il movimento degli orsi diviene una cristallina testimonianza dei processi di globalizzazione, mostrandosi come movimento mondialmente omogeneo e, nello stesso momento, localmente eterogeneo ed esplosivo, contenente quindi nel suo ventre quella molteplicità socio-culturale esponenziata, tipica della postmodernità. Come già detto, è chiara anche quell’influenza data dal movimento femminista-lesbico radicale che è partita proprio dal corpo per rivendicare una sessualità distinta e libera dalla schiavitù della visione politica patriarcale nella sfera occidentale. Così come il corpo della donna e il separatismo ha portato ad una rottura, anche e sopratutto nel panorama politico ed ideologico di sinistra spezzando quell’idea machista rivoluzionar ia attraverso la proposizione di modelli sessuali alternativi, anche il corpo maschile degli orsi, sovrappeso, peloso, barbuto chiaramente non conforme a nessun modello dominante, è entrato in diretto conflitto con le schematiche rappresentazioni sociali dell’identità omosessuale, dilatandole fino a spezzarle. Non solo, nei movimenti lesbici femministi, c’è sempre stata un’area di rivendicazione dell’obesità femminile come forma di bellezza precedente alla nascita degli orsi, il cui messaggio era "we are big, fat (below) -average looking people who love others of the same sex – and we are just as worthy of love and respect as anyone else in this world ". Radical fairies e femministe lesbiche "fuori forma" sembrano aver rappresentato il mindfield di controcultura sessuale che ha dato vita al movimento ursino. Tutto ciò ha aperto la strada a quell’esplosione del molteplice citata prima, di cui il movimento degli orsi ne è simbolo chiaro ed imponente, espresso nella valorizzazione del tema della diversità. Suresha afferma che "...il movimento di liberazione lesbica dei primissimi ’80 ha rappresentato la prima idea non-patriarcale non-eterosessuale non-bianca di correttezza politica votata verso una destigmatizzazione di ciò che, per la cultura popolare, era percepito come vergognoso o tabù. Non solo ne scaturì un cambiamento del linguaggio inglese-americano e non solo da parte delle ‘siddette minoranze marginali, quanto un più grosso cambiamento nelle attitudini e nelle azioni della società americana nella sua interezza. L’incrementata valorizzazione del tema della diversità ha caratterizzato l’azione della controcultura sessuale. Questo significativo slittamento socioculturale ha creato una base comune per l’amplificazione della diversità etnica, religiosa, per i portatori di handicaps e tutti i gruppi costituitisi in base alla loro specificità. Tale enfasi nella controcultura sessuale, nelle sue continue diversificazioni, si è espressa in una vasta gamma di pubblicazioni (di cui ancora una volta BEAR magazine è grossa testimonianza) in forma di fanzine o più patinate: nel mercato gay maschile si trovano fanzines per orsi, obesi, gay hippies, latini, feticisti di prepuzi, feticisti di minidotati, computer nerds, etc". L’alba del movimento ursino viene qui rappresentata da una forte carica di rifiuto, di gaudenteribellione e piacevole abbandono di tutto ciò che era codificabile come cultura gay. Questo spirito è ben rintracciabile in una pratica immediatista e spontanea nei primi bearhug parties. Animati dal desiderio del contatto, in una sorta di approccio Do It Yourself, alcuni orsi si riunirono per aprire spazi di socialità sessuale creando una rete ramificata di parties bearhug/BAREHUG no-profit, per il puro piacere di relazionarsi con i loro simili, iniziando direttamente dalle loro case, con una offerta libera per sostenere il costo delle feste. Sam Gancazaruc, uno dei fondatori del BearHug afferma " ..chiedevamo contributi alla porta per le spese della festa e degli inviti. Non intendevamo assolutamente far diventare queste feste un impresa commerciale". Dalla fine degli anni ottanta ad oggi, il percorso del movimento ursino si è sviluppato sedimentando un panorama culturale vasto ed articolato ma in continua e caotica mutazione, con le sue strutture e i suoi confini identitari continuamente alterati. L’europa ha sempre vissuto per eco e reintepretato a seconda delle culture nazionali tale scintilla sessual-libertaria che,
comunque, ha iniziato il suo percorso di sedimentazione istituzionale e di addomesticamento politico-economico. Oggi che la definizione di orso, pur nelle sue infinite varianti si è strutturata in un nucleo specifico, essere eletto "Mister Bear" significa, avere ed esercitare il potere del bello, avere ed esercitare quindi il potere economico che ne deriva ed i relativi status ruoli sociali e politici, ricostruendo le stesse dinamiche di dominio ed emarginazione da cui gli orsi nascono come sche ggia libertaria. Qual’è il futuro del movimento? Riuscirà il movimento ad essere liberamente indipendente dal panorama omosessuale che, in un ottica politica, economica, sociale e culturale tende alla continua omogeneizzazione tramite la ricostituzione della norma espressa in conformismo omosessuale? Riferendosi al fenomeno degli orsi come rappresentazione dei processi di globalizzazione - intesi come costituzione di una cultura mondiale omogenea ed esplosione interna dei localismi culturali eterogenei - alla domanda finale dell’introduzione di Less Wright "cosa succederà quando il tribalismo del primo mondo incontrerà il villaggio globale?" possiamo solo rispondere che, oltre ogni sottomissione subculturale e dialettica controculturale, sarà la continua ricerca del farsi uomo amante di sé al di fuori di ogni assoluto, godendo enfaticamente delle continue differenze e perdendosi nella xenofilia della continua alterità, a reinventare una mascolinità dislocata da quelle norme autoritarie e repressive che hanno accompagnato le identificazioni di genere fino ad oggi. Il perseguimento di valori antiautoritari e libertari - i quali hanno dato scintilla di vita alla mostruosa bellezza di creature idiosincratiche rispetto ad un panorama che le rifiutava - sarà la chiave di lettura per questa tempesta d’amore che continuerà a tutelare e ad esponenziare la diversità radicale.
(FINE)
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