venerdì 8 marzo 2002

SEGUI LE ORME - Parte Quarta


Parte Quarta

RADICI E STORIA DI UN'ALTERITA' OMOSESSUALE

di Francesco Macarone Palmieri (Warbear)

Le origini storiche della nascita identitaria ursina sono ignote. Anche in questo caso possiamo adottare una prospettiva molteplice alla ricerca storica andando a tracciare una delle nascite possibili del movimento attraverso la scelta del simbolo. Possiamo risalire agli inizi degli anni ‘80 in America e contestualizzare la nostra ricerca attraverso l’uso del simbolo dell’orso come riferimento di identificazione omo-sessuale attraverso la pratica dell’hanky code nelle feste leather. La scena leather/sm comunque rappresentava l’alterità - sebbene oramai interiorizzata dalla cultura omosessuale - rispetto al panorama del gay mainstream e in questo senso era terreno fertile per chi si sentiva altro dal suddetto senza avere spazi/tempi aggregativi. I parties leather, come in ogni forma culturale, avevano al loro interno un sistema semantico basato sull’estetica, quindi sul posizionamento di una serie di accessori che comunicavano le preferenze sessuali in relazione alle pratiche di una omosessualità non convenzionale rispetto ai parametri dominanti. L’hanky code rappresenta questo sistema segnico di individuazione microidentitaria nell’enorme arcipelago leather. Il sistema si basa sull’uso di fazzoletti di colori diversi messi in posizioni differenti nelle tasche, rappresentanti per il rosso il fist fucking, per il nero il feticismo della pelle, per il giallo l’amore per l’urina etc. Gli orsi, all’interno di questo sistema segnico, avevano inserito una variante che andava controcorrente rispetto al significato duro e radicale delle pratiche proposte; essi indossavano un piccolo teddybear a zampe aperte nel taschino delle loro camicette di flanella o tutine di jeans per testimoniare la loro diversità, intesa come ricerca del bearhug, o l’abbraccio; sia esso poderoso e lottatore o co ccola. Il teddybear secondo alcuni teorici , è stato la scintilla che ha dato il via alla definizione identitaria sessuale degli orsi caratterizzandoli rispetto alla precedente scena leather che comunque già sviluppava il culto del genere maschile nella costruzione dell’identità sessuale dedicata a feticismo dei peli e barbe oltre che della pelle, sigari e tutti gli elementi simbolici che radicalizzano la mascolinità. La domanda di fondo “cos’è un orso” esprime ancora una volta la sua creatività nell’assenza di una risposta unica ed unilineare, se non in una duplice prospettiva iniziale definita da Les Wright: Orso come immagine e Orso come attitudine. Nel primo caso, l’orso come immagine suggerisce la visione di un uomo con un grosso corpo peloso mentre nel secondo, la concezione dell’orso come attitudine rappresenta un uomo con un appetito epicureo, un’atittudine all’imperturbabilità, una forte stabilità nell’autoaccettazione e consapevolezza della sua condizione di alterità estetica e sessuale quindi culturale e sociale. Il movimento di liberazione omosessuale ursina dalle definizioni sociali come stereotipi imposti prende stimoli dai precedenti movimenti di liberazione, siano essi per i diritti civili degli african americans, quelli femministi, quelli omosessuali da Stonwall in poi, o, ancor prima, dei movimenti pacifisti contro la guerra in Vietnam. Il processo di autoidentificazione ursina viene definito, come sovraesposto, il secondo coming out. Ciò avviene, quasi per risposta, nello stesso momento in cui i rivoltosi hippy androgini di Stonwall si trasformano in quello stereotipo di gay yuppies, intesi come figure socialmente integrate. Gli orsi quindi nascono come l’alternativa spontanea e contemporaneamente audace al mondo gay consolidato e dominante sulle omosessualità presunte minoritarie. L’alba ursina sorge come ultima luce di definizione di quell’identità maschile orientata sessualmente verso lo stesso genere. Le prime radici dell’identità ursina, secondo Les Wright, possono essere raccolte dissotterrando la storia omosessuale fotografica americana orbitante intorno ad un certo “Old reliable“ il quale usava modelli che incarnavano il concetto di “natural man” inteso come come rude uomo urbano di origini “blue collar”, chiaramente proletarie. La ricerca storico-documentaristica mostra alcuni reprotages di piccoli bear parties nei garages delle grosse discoteche. Nel 1979 venne pubblicato un articolo su “ The Advocate “- una rivista a tematica gay - il primo in assoluto che rifletteva sugli orsi sia da un punto di vista estetico che da un punto di vista comportamentale. In ogni caso la prima ondata ursina può essere storicamente contestualizzata in un periodo che va dal 1986 al 1989. La prima data rappresenta un momento topico poiché sottolinea la ricostruzione di una socialità omosessuale da parte degli orsi in piena epidemia di sindrome da immunodeficienza acquisita; in questo senso il beardom si riconfigura come spazio di socialità senza un forzato richiamo alla pratica sessuale. La sedimentazione della cultura ursina tracciata nella metà ottanta, ridà vita a quella dialettica di composizione identitaria di genere maschile su un piano omosessuale, emarginata dalla presenza di quei modelli divenuti dominanti da parte del gay mainstream. Essa viene chiaramente espressa dall’orbita maschile che parte nei primi del novecento dai “wolves” e successivamente nei 50/60 dai “machos”. Gli orsi hanno rappresentato uno slittamento semantico rispetto alla definizione di una mascolinita’ filtrata da quelle caratteristiche violente ed autoritarie della sua visione eterosessuale. In questo senso gli orsi ancora una volta incarnano le due anime del grizzly e del teddybear. La metà degli anni ottanta è la culla storica di nascita del movimento ursino nel processo di autoidentificazione attraverso 3 interventi: la te cnologia comunicativa su base digitale; la nascita dei social clubs; l’editoria tematica. Una volta stabilitasi e democratizzatasi, la tecnologia dell’informazione ed internet in seguito, si sviluppò nel 1986 una rete di Bulletin Board Systems che diede vita a quel safe space telematico per orsi definito, con un gioco di parole, il cyBEARspace. Questo network ovviamente ebbe la sua trasformazione spontanea in una mailing list mondiale chiamata “BML” ovvero Bears Mailing List appunto matrigna di chat rooms interni all’Internet Relay Chat di cui “BearCave” il più famoso e, infine, del grosso database mondiale di informazioni riguardante la cultura ursina chiamato “Resources 4 bears”. Oggi, con la cultura telematica dell’immagine assistiamo all’espandersi delle videoconferenze con servers dedicati agli orsi all’interno di softwares specifici. La condivisione di massa dell’idea di orso attraverso la rete è stata coadiuvata da una nascita rizomatica di bearclubs in tutta l’america facendo San Francisco il pivot della scena. Questo periodo rappresenta la nascita della seconda ondata ursina databile intorno al 1989; anno in cui il primissimo club fu fondato nell’IOWA sotto il nome di BEARPAWS. L’ “international directory of bears organization” definisce le tappe della ramificazione dei clubs passando dal 1994, in cui se ne erano stabiliti 40 sul territorio americano, arrivando nel ‘96 a 137 sulla superfice mondiale calcolando l’area Girth and Mirth e quella leather friendly. Di qui in poi si iniziarono ad organizzare grossi meetings – come l’Octobearfest , i Bearbusts, il Bearpride di Chicago, l’EBMC (European Big Men Conve rgence), il Bear Roundup texano e l’International Bear Rendezvous di San Francisco per citarne alcuni – ed eventi mondiali che creassero dei volani di comunicazione nella molteplicità delle scene ursine supportate dai singoli clubs i quali, a loro volta operavano su un indirizzo non profit per creare una socialità e cultura della differenza (tramite feste, mostre, incontri, dibattiti, camping estivi, etc a seconda degli interessi di ogni club) e occupandosi contemporamente del recupero fondi per supportare la ricerca sull’aids sostenendo le istituzioni sanitarie che se ne occupavano. La terza scintilla è dedicata all’espressione ursina in campo editoriale. Il tema dei media, come abbiamo visto, in ambito di teconologie dell’informazione ancor prima che in quello pubblicistico tradizionale, ha rappresentato l’interfaccia per la divulgazione o quantomeno l’apertura al dibattito sul concetto di orso. Ciò fa sì che lo stesso sia un chiaro prodotto di una cultura postmoderna, una cultura sessuale della comunicazione o, ancor di più, un’erotizzazione della comunicazione visuale. Ora, se la postmodernità è definita dal mediascape come infosfera omnipervasiva composta da un’ibridazione mediatica tra vecchi e nuovi media, la cultura ursina, nei suoi percorsi individuali, ne è il diretto prodotto. La testimonianza di quanto detto è data dal suo ambito pubblicistico. L’impossibilità di una identificazione nei modelli proposti dai media, da parte di chi consuma informazione, impone un passo doppio ovvero la frustrazione dovuta all’impossibilità di costruire il proprio sé spinge gli irredenti dei processi mediatici di potere, verso costruzione del proprio medium. Così lo è stato per “BEAR”, pubblicata da Richard Bulger; la rivista cardine de l movimento che nasce come fanzine nell’ordine di quaranta copie a numero, fotocopiate a costo zero, ora trasformatasi in una rivista patinata mainstream che, nel suo processo di consolidamento editoriale ha aperto la strada ad una catena di pubblicazioni le quali espandono il concetto dell’alterità ursina in molteplici sfumature. Agli inizi degli anni novanta, un big bang informativo a tematica ursina è esploso nelle pagine di riviste quali Big Ad, Husky, Daddy, DaddyBear, GRUF, Bulk Male, American Bear. La ramificazione mediatica ovviamente si è espansa in rete trasformando in forma elettronica-ipertestuale le precedenti pubblicazioni spostandosi sempre di più sull’immagine mandando per altro i suddetti in crisi economica. Gli episodi contemporanei più esplicativi sono i siti generalistici dedicati alla tematica ursina di cui, come ho precedentemente detto, il primo e più omnicomprensivo è Resources4bears. A seguire, una rete di siti dedicati all’informazione ursina e chub come il network di Girth ‘n’ Mirth, o grossi portali ursini continentali quali bearpess (ora bear-pics) o eurobear; successivamente i siti dei social clubs a livello mondiale e i siti che raccordano le presenze ursine nazionali, spesso a loro volta networks di websites personali di orsi raggruppati in rings. [Continua]

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