La pittrice siciliana, già madrina delle "Orse" su tela, esplora l'ursinità al femminile anche con delle affascinanti sculture
L’arte di Chirò è quanto di più sconcertante si può incontrare nel variegato universo dell’immaginario ursino. Non tanto perché stavolta ci troviamo di fronte a una sensibilità artistica femminile, volta a celebrare forme prosperose e delicatamente sensuali. Quanto per la sua capacità di scomporre e spersonalizzare l’identità sessuale, reinventando l’eros mediante canoni ursini del tutto personali.
Le “orse” di Chirò sono donne, certo. Almeno questo ci viene dato a intendere da una lettura superficiale. Figure muliebri, ombre femminili, o forse simboli esoterici di un sortilegio erotico che travalica il sesso e miscela in modo affascinante i simboli freudiani dell’immagine materna con i tratti marcati del modello maschile. Chirò ci appare quasi come una moderna strega, eletta da una divinità enigmatica (un po’ Priapo, un po’ Ecate) ai misteri di un sesso panico, sprezzante dei ruoli e irriducibile cantore della bellezza.
Dopo il gradimento ricevuto con la mostra di tele intitolata “Del desiderio”, svolta l’anno scorso presso la libreria AltroQuando di Palermo, Chirò torna a stupirci con un altro aspetto della sua arte arcana. Non quadri dai colori accesi sui quali si stagliano bianchissimi e immensi corpi, ma fisica creta. Un meravigliosa tuttotondo in cui seni dirompenti e glutei prosperosi esaltano ancora una volta la fecondità gioiosa della Madre Terra.
Ricordano dei golem d’argilla, le incredibile creature della strega Chirò. Plasmati e concepiti dalle mani dell’artista forse allo scopo di scagliare un sortilegio d’amore. Chirò sembra avere affondato le mani nel brodo primordiale della creazione per dimostrare che la donna non fu creata da una costola dell’uomo, ma che maschio e femmina sono stati generati insieme, emersi dallo stesso magma, ribollente di passioni e di sogni. Un’entità complessa, fatta per cercare il completamento di sé in una creatura affine (e non speculare), attraverso un abbraccio che di per sé è pura arte.
Le spettacolari sculture di Chirò emanano fisicità e fascino nonostante l’apparente mancanza di espressività. I volti sono lisci, non c’è traccia di occhi, naso, bocca. Solo una serie di curve magistralmente intrecciate in un tripudio di energia e di lineare bellezza.
Se Circe, la maga, trasformava gli uomini in porci, potremmo dire che la strega Chirò è in grado di mutare un uomo in donna, e una donna in uomo, rubando a entrambi i tratti essenziali, i più innocenti, per modellarli in un totem ideale in cui conta la comune origine terrena, la carne e le passioni, seppellendo invece generi e cliché. E se Ulisse vinse su Circe, conquistandone l’amore, Chirò è maga e nello stesso tempo viaggiatrice, preda e predatore. Ma soprattutto è un’artista di talento che indubbiamente ha ancora molto da dire.
[Articolo di Perdido]
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