domenica 2 settembre 2001

SEGUI LE ORME - Parte Seconda

UN'INTRODUZIONE AL " BEAR BOOK – Readings in the History and Evolution of a Gay Male Subculture "
di Francesco Macarone Palmieri (Warbear)

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DOMANDE: WHAT IS A BEAR?


Cos’è un orso? Questa è la domanda focale intorno alla quale ruota tutto il lavoro di Less Wright. La prima e più immediata risposta è: non vi è risposta a tale domanda, o meglio: non vi è una definizione unica e condivisa dell’identità ursina se non quella data da visioni in bilico tra i pensatori e i partecipanti alla scena mondiale. Questa è la ragione, in linea con la metodologia dei Cultural Studies, per la quale viene sviluppato un approccio multidisciplinare al tema centrale del libro. Less Wright introduce il concetto di "orso" con un taglio sociologico, storico, filosofico, narrativo e di analisi massmediatica. Spaziando attraverso la sua poliedria, egli apre la definizione identitaria su tre sezioni quali: " History"; "Bears Images "; "Bears Spaces"; muovendo dissolvenze analitiche tra i tre spazi paratestuali. Superando l’intro dell’autore, il primo articolo, scritto da Michael Ramsey, un assistente ricercatore in geologia all’università dell’Arkansas, è dedicato alla mitologia totemica nord-americana dell’orso in una prospettiva simbolica rispetto alle credenze e le leggende popolari. Il secondo articolo rappresenta ciò che gli orsi definiscono "the second coming out from the closet" ovvero il secondo coming out come orso rispetto al precedente, come omosessuale. Si tratta di una short story con un taglio autobiografico narrativo e analitico redatto da Scott Hill, il fondatore di "burgbears" uno dei primi social clubs di orsi negli U.S.A. situato a Pittsburg.

Il capitolo numero cinque, scritto da Robert Ridinger, un antropologo culturale dell’Università dell’Illinois, è dedicato allo sviluppo della cultura ursina, letto in una quadruplice prospettiva: storica, sociologica, antropologica ed estetica. Il sesto contributo è dato da Robert Ridinger, un docente di Social and Cultural Studies a Berkley. Esso tratta del precedente tema, dedicandosi all’identità ursina come un fenomeno di attraversamento sociale o socialmente obliquo, riflettendo sull’estetica proletaria-blue collar dell’orso come una forma di feticizzazione sessuale. Concludendo la prima sezione, che dissotterra e scandaglia le radici del movimento, si entra in una successiva dedicata strettamente all’immaginario ursino. Il capitolo sette mostra una profonda analisi di contenuto induttiva sui modelli estetici americani dominanti rappresentati in vecchi e nuovi media, partendo dai modelli mainstream per arrivare ai media prettamente inerenti alla scena degli orsi. Questo saggio è stato elaborato da Philip Lock, uno specialista di analisi mediatica nonché scrittore di fiction ursina su "bear magazine" la testata di riferimento del panorama editoriale del movimento. A seguire, Rychard G. Powers, un filosofo free lance, focalizza l’idea dell'orso" come un uomo, sessualmente orientato verso lo stesso genere, che entra in contatto con la sua vera natura rompendo le barriere di condizionamento sociale agenti nel panorama omosessuale dominante. Egli poggia la sua analisi sul tema del "natural man", tratta dal mito greco del "green man", definendo successivamente il "beardom" come il suo "safe space" o spazio sicuro di socialità, sessualità e cultura ursina. L’identità estetica degli orsi può esser ironicamente e profondamente giocata su un nuovo linguaggio codificato, definito da Bob Dohuane, uno degli orsi che più ha lanciato la prima ondata del movimento in rete creando ciò che oggi è definito il Cybearspace tramite la "BML" (Bears Mailing List) e il sito "Resources4bears" (il più grande ipertesto informativo sugli orsi, con una grossa credibilità e partecipazione ursina). Ultima, ma non inferiore in termini di importanza, nella sezione "bears images" troviamo una grossa intervista con Jhon Rand, uno dei primi fotografi di orsi negli Stati Uniti che vanta un carnet enorme di pubblicazioni in molteplici testate quali "BulkMale"; "Bear"; "American Bear".

L’ultima sezione è anche la più pragmatica e geografica. "Bear Spaces" si apre alle strutture ursine mondiali e alle figure che più hanno dato stimoli, energia e vita al "BearDom" mondiale. La geografia cultural-sessuale parte da un intervista alla stessa figura che ha elaborato il "bearcode" ovvero Bob Douhane, come già detto promotore del "cybearspace". Subito dopo, il percorso editoriale attraversa e definisce il primo e più forte epicentro ursino ovvero San Francisco con un triplice intreccio: i Bearhugz Parties, il Bear Expo e il Lone Star Saloon, riconosciuto mondialmente come la mecca ursina. Il network successivamente si apre toccando i nodi australiani con una testimonianza degli Ozbears e della loro scena, i Kiwibears e la scena neozelandese fino ad arrivare all’esplosione europea in una "chain reaction" che attraversa il Regno Unito come paese europeo più esposto alle influenze americane, la Germania, soprattutto nell’area nordovest con una focalizzazione dei Bartmanners a Colonia, il Belgio con la nascita del Girth ‘n’ Mirth, che concentra nel suo operato sui chubbies quindi sul rapporto tra obesità ed omosessualità, l’Olanda, la Francia e l’Italia. [Continua]

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