venerdì 23 aprile 2010

I Miti di Braccio

Diamo il benvenuto a Braccio, nuovo artista dedito alla gay art con frequenti incursioni nelle tematiche bear. I suoi disegni (meglio: le sue illustrazioni) attingono molto alla mitologia e all'universo fantasy in generale. La sensualità è esplorata dal punto di vista di orchi, centauri, troll, demoni, angeli e altre creature estreme, spesso in felice copula con compiacenti esseri umani. Il suo blog Beastoons è illuminato prevalentemente dalle sue opere grafiche, e scaldato da brevi racconti che probabilmente trovano origine tra le fantasie erotiche dell'artista. Dal profondo di una probabile formazione classica, o di un grande amore per la letteratura fantastica, nascono sogni e visioni di un erotismo epico e pittoresco. Lavori che per molti versi ricorda le imprese dipinte su tela e legno dei Paladini siciliani. Braccio ha talento da vendere, e si presenta al suo pubblico anche su WOOF! regalandoci questo assaggio della sua arte.



LA VERA STORIA DI ULISSE E POLIFEMO

La verità era completamente differente da come era stata tramandata per quasi tremila anni.
Ulisse non era riuscito affatto ad accecare Polifemo e a fuggire insieme ai suoi uomini legandosi sotto la pancia delle pecore.
Si era effettivamente salvato grazie alla sua famosa astuzia, ma le cose erano andate diversamente da come le ha tramandate Omero.
Il gigante aveva divorato ad uno ad uno, tutti i compagni del re di Itaca, tenendosi quest'ultimo come dessert.

Quando era arrivato il turno di Ulisse, questi, con la sua famosa parlantina, aveva convinto Polifemo a lasciarlo vivere in cambio di prestazioni sessuali.
Il gigante, troppo grande per potersi soddisfare con le pecore del suo gregge, aveva accettato di buon grado; del resto avrebbe sempre potuto mangiarselo in seguito, se la scopata non fosse stata di sua completa soddisfazione. Invece il sesso tra i due mitici personaggi era andato alla grande, certo il ciclope non poteva pretendere un rapporto completo, il suo enorme pene avrebbe squartato lo sfintere dell'itacese, così  Ulisse si limitava a masturbare il gigante.

Usava entrambe le mani e anche le braccia per eccitarlo, il grosso pene si rizzava immediatamente, impressionante, coperto di grosse vene pulsanti, l’enorme cappella quasi completamente ricoperta dall’abbondante pelle, anche i grossi testicoli pelosi s’indurivano e Ulisse li massaggiava e mordeva per eccitare Polifemo ancora di più, andava su e giù accarezzandolo, leccandolo, mordendolo ora dolcemente, ora brutalmente fino a quando non sopraggiungeva l'orgasmo. Anche questo ovviamente era abnorme, il corpo gigantesco veniva prima percorso da brividi e poi scosso da violenti sussulti, una massa di sperma bianco, spesso e caldo schizzava violentemente dal suo uccello e sommergeva letteralmente Ulisse, lasciandolo senza fiato. A volte gli schizzi erano talmente potenti che sembravano raggiungere la volta di pietra della grotta e una volta ricaduti a terra venivano rapidamente leccati dalle capre, probabilmente a causa del sapore vagamente salato.

Col passare del tempo Ulisse, che aveva iniziato a darsi da fare solo per salvarsi la vita, aveva cominciato a prenderci gusto, sempre più frequentemente era lui stesso a  stimolare ed eccitare il ciclope, sapendo che questi avrebbe risposto prontamente alle sue attenzioni. Al mattino si svegliava ancora abbracciato al gigante e cominciava ad accarezzarlo, a baciarlo sul petto villoso, mordicchiandogli i grossi capezzoli finché non diventavano duri come pietra, e poi la sua bocca scendeva languidamente, seguendo la folta peluria dell'addome, verso l’ombelico e poi verso il sesso scuro e ormai eretto del mostro. Tuffava la faccia nel suo inguine peloso, caldo e umido, annusando a pieni polmoni l'odore fortissimo di sudore maschio, di genitali, del sesso animalesco della notte prima. Eccitato anch'esso si masturbava brutalmente urlando e rantolando mentre eiaculava, poi usava i propri schizzi di sperma per lubrificare il sesso del ciclope e proseguire a masturbarlo e leccarlo fino a che anche Polifemo non veniva con la consueta generosità.
C'erano delle volte che il gigante troppo eccitato per soddisfarsi di una semplice sega gettava Ulisse su una pelle di montone e lo scopava, si fa per dire, sfregando il suo enorme cazzo tra le natiche o tra le cosce dell'Acheo.

 
 Questa è la vera storia di Ulisse e Polifemo, ma ovviamente non poteva venir raccontata così e Omero la dovette modificare in modo che potesse essere accettata dal suo pubblico di re e cortigiani, senza offendere la memoria dell’eroico re di Itaca e lo fece  nello splendido modo che ci è stato tramandato nei millenni e che noi tutti conosciamo fin da bambini.

Braccio



2 commenti:

Anonimo ha detto...

grazieeeee!!!
braccio

Perdido ha detto...

Ma prego! :)