Nella bear-Art, Chuckles è un vero fuoriclasse. Di lui si sa poco. Appare qua e là nella grande rete come un folletto birbone, lasciando sul luogo del delitto tavole dal tratto schizzato, ma rotondo ed espressivo. A un’occhiata sommaria, la maggior parte delle sue illustrazioni sono semplici abbozzi, destinati forse a non essere mai completati. Ma è così solo in apparenza. In realtà, Chuckles è riuscito a infondere alla lunga serie di disegni diffusi in Internet (li si può ammirare su http://www.biggercity.com), qualcosa per cui molti suoi colleghi bear-painters non hanno finora mostrato interesse: una linea narrativa. Grezza, appena accennata, eppure ricca di una sua intensità con un pizzico di ironica perversione. Si può dire che, di tavola in tavola, Chuckles abbia creato una propria mitologia ursina. Un ciclo narrativo vicino - per certi versi - ai cartoons della Warner Bros, dove lo sfortunato Coyote, inseguendo lo struzzo, va incontro a una serie di devastanti punizioni corporali. In un modo simile, i personaggi di Chuckles vivono eternamente la medesima situazione e le sue mille varianti, descritte in tavole prive di dialogo, sintetiche e intrise di un forte erotismo.
Lo scenario è quello del far west. Il protagonista (lo chiameremo Chuck, per comodità, ma l’autore non gli ha dato un nome) è un lardoso cow boy baffuto dall’enorme ventre. In alcune tavole, l’artista ce lo presenta come una sorta d’incrocio tra Don Chisciotte e Sancho Panza in salsa western. Chuck è un tipico vaccaro del suo tempo. Gira con delle colt intorno ai fianchi, l’atteggiamento è spocchioso e ostentatamente virile. In un paio di rare illustrazioni, lo vediamo amoreggiare con una fanciulla. Ma chi è Chuck? Da dove viene e che cosa cerca? Una sola cosa è sicura. Ovunque vada, la sua strada è puntualmente attraversata da una banda di tipacci che non chiedono altro che fargli la festa. I suoi nemici (?) sono un mastodontico orientale in perizoma e uno snello figuro mascherato ai cui festini, qualche volta, si uniscono altri brutti ceffi. Il malcapitato Chuck reagisce di rado. Per lo più le prende, e forte. Come un grosso punching ball, il nostro eroe è ammorbidito dal lottatore orientale che lo pesta, lo sbatte, lo bacia di forza e, dopo averlo impacchettato, lo consegna al resto della banda perché possa violentarlo. Questo plot narrativo si ripete all’infinito mettendo in scena a ogni nuovo episodio diverse forme di corpo a corpo e tutte le possibili acrobazie sessuali.
Le numerose sevizie subite dall’eroe darebbero alla serie di Chuckles un ruvido gusto sadomaso se un’ironica bonarietà di fondo non giungesse a stemperarlo. Nell’arco delle sue avventure, Chuck è stato preso a cazzotti, calpestato, legato come un salame, frustato, trascinato, appeso, incaprettato, preso a calci nelle palle, sodomizzato, costretto a rapporti orali e persino lasciato nudo e in ceppi in mezzo al deserto alla mercé di un’orda di serpenti (palesi simboli fallici). Ogni istante è descritto da Chuckles dando risalto alle espressioni facciali dell’eroe, tutte giocate sull’ambiguità tra sofferenza e piacere. Nel mostrare ogni angolatura dello strabordante corpo da chubby bear, Chuckles sembra provare più che altro tenerezza per questo omone destinato a essere una vittima inerme. I lineamenti dei nemi ci, invece, sono spesso soltanto accennati. Sono figure fantasmatiche, funzionali alle dissavventure di Chuck, utili esclusivamente per picchiarlo e farne un giocattolo sessuale. Nemici o complici? Sì, perché l’eroico Chuck, il povero ciccione che deve sopportare tante umiliazioni nello spietato west, ci ricorda moltissimo Ramarro, il geniale supereroe masochista nato dalla penna del fumettista Giuseppe Palumbo. In modo analogo, Chuck sembra in realtà godere un mondo degli attacchi fisici che subisce (botte e sesso estremo), verità puntualmente suggerita da un rivelatore torrente di liquido seminale.
Quella di Chuckles non è una vera serie a fumetti. Come abbiamo accennato, nelle sue tavole – finora – non è mai comparso un ballon con del testo. La stessa logica del racconto è inesistente, le sequenze interpolabili, gli scenari rarefatti e onirici. Chuckles ha saputo portare sulla carta un suo personale sogno erotico. L’ideale di un orsone imponente eppure indifeso. Dalla scorza coriacea, ma pronto ad abbandonarsi agli ardori di altri uomini, purché abbiano prima avuto la decenza di fornirgli un alibi a prova di bomba: le corde che gli impediscono di ribellarsi. Poco importa che alla fine il suo orgasmo sia evidente per tutti. Quando Chuckles riprenderà in mano la matita, la storia avrà un nuovo inizio. Un nuovo viaggio per Chuck, nuovi agguati in cui cadere vittima, nuove percosse e soprattutto nuove molestie, complici i suoi adorati ceppi. Lo stile satirico di Chuckles è notevole nel ritrarre i corpi obesi, ma l’autore non sembra interessato alle figure snelle, solitamente solo accennate. Non saremo noi a criticare questa sua scelta, e ci auguriamo che il suo cammino di disegnatore vada avanti, producendo ulteriori episodi. Laggiù nell’ovest il sole sta già scottando sulla terra arida. Due grandi natiche strette in un paio di luridi calzoni cavalcano verso l’orizzonte, ansiose di cadere in una nuova, brutale, ma forse anche spassosa imboscata.
[Articolo di Perdido - Le immagini sono copyright di Chuckles]
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