lunedì 28 maggio 2007

Gli Orsi di Sade - 1974: Umberto

L'unica porta aperta, arrivato a Milano, fu Umberto. Illuso dalla carta, pensavo che il mondo dell'underground fosse molto disponibile. Invece si comportò come il resto della città. Tranne Umberto.
Anni settanta, mi trovavo in città per il servizio civile. Servizio che svolsi nel gruppo di Don Gino Rigoldi, ci si occuppava perlopiù di ragazzi che entravano e uscivano dal carcere minorile.
Umberto distribuiva diverse riviste e libri legati al movimento. Una bella persona in tutti i sensi, tanto che iniziai a fargli la corte quando frequentavo la distribuzione. Gli davo una mano a sistemare pacchi di riviste, appena consegnate dall'editore, negli scaffali di metallo dell'ufficio. In un secondo tempo diventò un quasi lavoro. Mi occupavo degli ordini delle varie librerie sparse in Italia.
Ci guadagnavo qualcosa, ma avrei anche pagato per lavorare in quel posto.Anche, ma non solo, per la presenza di Umberto
Il locale era diviso con la CISL, vi era in comune solo il gabinetto. Non so quali problemi sorsero e ad un certo momento i locali furono separati. La distribuzione restò senza il bagno, per cui quando il sindacato era chiuso, si ricorreva ad un bottiglione nascosto in un angolo.
Qualche volta ci si incontrava la domenica pomeriggio e chiaccheravamo per ore. Mi parlava del suo rifiuto a un contratto che lo avrebbe riempito di soldi, molti soldi, ma legandolo ad un lavoro che non riteneva gratificante. Della scelta di utilizzare il nome della vecchia azienda, ISAT, per mettere su una distribuzione di materiale prodotto dal movimento. Quasi una beffa nei confronti del vecchio lavoro.
Una volta mi raccontò una sua avventura con uno dei suoi amati sbarbatelli. Arrivato alla fine mi chiese “A te che tipi piacciono?”, come facevo a non dirgli “Quelli come te”?.
Credo che da quel momento cominciò a prendere forma nella sua mente l'ipotesi che si poteva provare a farlo.
E avvenne un pomeriggio di una fredda domenica, sdraiti per terra su un cartone. Tutto cominciò chiaccherando, con la testa che piano piano cade sulla spalla dell'altro. Il mio braccio che non trovava la posizione giusta raggiunse la pace sul suo petto. Le parole diventarono bisbigli, e gli occhi si trovarono. E lui a cercare di convincermi, che in fondo anche Milano a modo suo sa essere una città accogliente.


1 commento:

Anonimo ha detto...

assolutamente delizioso...quasi commovente