X-Bear
Parte Prima
Parte Prima
L'Etere
Dedicato a tutti coloro che credono
sia sempre possibile cambiare.
Scritto da Beorn.
Capitolo I
L'incontro.
L'incontro.
Anno 1980, periferia di Londra.
Era giovedì sera, la luna piena splendeva mentre passeggiavo per i vicoli di Londra, l'aria era tiepida dato che maggio era quasi terminato, lentamente mi diressi verso la luce che
proveniva da un pub. Facevo il solito giro di mezzanotte dopo aver lasciato i miei noiosi amici e la mia futura moglie a casa, e già mi sarei sposato la prossima settimana ma il matrimonio e i dubbi su di esso non riguardano questa storia.
Entrai nel pub, era parecchio affollato, mi avviai al bancone per chiedere uno scotch. Il barista mi lanciò un’occhiata come per capire se potessi pagare, ma quando misi la banconota sul bancone mi servì il drink guardandomi di sottecchi. Iniziai a bere ed osservai, nello specchio di fronte a me, gli avventori: sembravano tutti ubriaconi. C'erano donne e uomini di varia età che bevevano dimenticando i loro dispiaceri. Insomma ero capitato in una bettola, ma poco importava anche a me interessava solo bere e dimenticare: ero nel posto giusto. La mia attenzione venne attratta da una persona che sembrava stesse mangiando qualcosa seduto sul tavolino proprio dietro di me, mi voltai per guardarlo meglio ed in quel momento l'uomo sollevò la testa dal suo pasto e mi sorrise con la bocca ancora piena alzando il bicchiere di gin nella mia direzione come se volesse brindare.
Mi voltai di scatto, non so perché ebbi una strana sensazione e vuotai d'un sorso lo scotch che avevo davanti per farmela passare. “Dai Johan vieni a bere qualcosa con me non stare da solo come un orso”, sentii queste parole provenire da dietro le mie spalle. Mi voltai incuriosito verso l'uomo e dissi “Ci conosciamo?”.
Lui sempre sorridente e bevendo un sorso dal bicchiere di gin rispose “Certo, vieni a sederti qua”. Non riuscivo a ricordare dove avessi conosciuto quell'uomo, un collega di lavoro forse, o un amico della mia futura moglie, comunque per non essere scortese presi il bicchiere, ormai vuoto, e andai a sedermi nel tavolino proprio di fronte a quest'uomo.
“Mi scusi” dissi io, “non ricordo il suo nome ne dove ci siamo conosciuti”. L'uomo sorrise, aveva una bella bocca incastonata in una barba nera e fluente. “Il mio nome è Ben e ti conosco da quando sei nato”. Cercai di capire, l'uomo che mi stava di fronte era sulla quarantina, alto e robusto diciamo in sovrappeso, aveva qualche ruga di espressione, un faccione tondo su cui spiccavano due occhi azzurri. Mi convinsi che era un vecchio compagno di scuola che non vedevo da tempo, in effetti “Ben” era un nome piuttosto
comune anche se ad essere sincero non ricordavo nessun compagno con quel nome.
Sorrisi pure io fingendo di ricordare chi fosse, lui fece uno sguardo sornione e mise un pezzo di carne in bocca prendendolo da un sacchetto che aveva davanti.
“Allora come andiamo Johan? So che fra una settimana ti sposi” disse Ben mentre masticava la carne. Non sapevo che rispondere e mi mantenni sul vago. “Tutto bene, conosci mia moglie?” dissi sperando di sapere qualcosa in più su quest'uomo. “No” rispose lui in modo secco ed iniziò a fissarmi intensamente, i suoi occhi azzurri in quella luce sembravano quasi blu mare, un mare tempestoso ricco di ricordi ma pericoloso da affrontare.
Abbassai lo sguardo e vidi il mio bicchiere vuoto, bloccai un cameriere che passava di là e dissi “un whisky doppio”.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita” disse Ben recitando dei versi in una lingua a me sconosciuta.
“Come scusa?” dissi a Ben.
“E' italiano, Dante Alighieri, la prima strofa che riguarda un lungo viaggio” rispose Ben e poi aggiunse “Pensavo che conoscessi un po' di italiano, che tua nonna te lo avesse insegnato”.
In effetti da parte materna ero italiano, per essere precisi i mie nonni si erano trasferiti in Inghilterra quando erano giovani ed ebbero mia madre. Era una cosa che ho sempre tenuto nascosto a tutti, non è molto bello avere sangue italiano nelle vene se vivi a Londra.
“Non conosco l'italiano” risposi e poi aggiunsi “non parlo quasi mai con mia nonna e nemmeno con i miei genitori”. Ben sospirò e con le mani incrociate sotto il mento mi scrutò
nuovamente. “Vedo che mi conosci molto bene” dissi io, “sei per caso un mio parente?” aggiunsi.
“No” rispose lui, sempre con quel tono perentorio. In quel momento arrivò il cameriere con il doppio whisky, avevo proprio sete e ne trangugiai metà con un solo sorso.
“Dante iniziò il suo viaggio a 35 anni proprio l'età che tu hai adesso” disse Ben con il viso serio, poi si lasciò andare ad una forte risata e quasi urlando disse “Dobbiamo festeggiare Johan anche se in ritardo di un paio di giorni” e poi sbattendo i palmi delle mani sul tavolo facendo tremare i bicchieri dei tre tavolini accanto al nostro disse “Cameriere ci porti dello champagne”.
Il cameriere ci guardò in malo modo poi alzando gli occhi sparì nel retro del pub, probabilmente a prendere una polverosa bottiglia di champagne.
“Si ho compiuto gli anni da pochi giorni” dissi io, Ben aveva ora uno sguardo luminoso con gli occhi che quasi brillavano non disse nulla fino a quando non arrivò dopo parecchi minuti il cameriere. Io ero molto imbarazzato e non sapevo cosa dire, ancora non avevo capito chi fosse la persona che avevo di fronte. Sembrava conoscesse tutto di me, ma io non sapevo nulla di lui.
Versando lo champagne in delle coppe un po’ sporche Ben mi offrì da bere. Poi sollevando la coppa disse “All'inizio”, ed io sorridendo come un deficiente ripetei l'augurio e ringraziai con un cenno del capo.
Lo champagne era abbastanza scarso, non potevo pretendere certo qualcosa di raffinato in un posto come quello. Ben si asciugò la bocca e la barba con il dorso della mano, nemmeno lui doveva essere una persona dai modi raffinati.
“Veniamo al dunque” disse Ben assumendo nuovamente un'aria seria. “Io ho qualcosa che ti appartiene, una sorta di eredità” aggiunse fissandomi negli occhi.
“Una eredità?” dissi io un po' turbato.
“Un retaggio è il termine più adatto in questa lingua” rispose Ben e poi aggiunse “dovresti venire con me se vuoi sapere di che si tratta”. Questo era un po' troppo, incontro un
uomo in un bar, uno sconosciuto, e vuole che lo segua? “Mi spiace Ben, ma io non ti conosco, non so chi sei, non offenderti ma non vengo da nessuna parte con te” dissi io esprimendo ad alta voce i pensieri che mi erano passati in testa in quel momento. Ben sorrise e poi fece una mossa inaspettata, si slacciò i primi due bottoni della camicia, rivelando un torace molto villoso ed una collana di cuoio attorno al collo. Poi con
la mano uscì la collana e mi mostrò il ciondolo che era tenuto all'estremità.
“So che ne hai uno uguale” disse Ben mostrandomi una cosa che se non sapevo di avere in quel momento attorno al collo potevo credere fosse la mia. Lentamente mi sbottonai il colletto ed uscì il ciondolo che portavo al collo da quando ero piccolo.
Era un artiglio d'orso ricoperto da rune nordiche. I ciondoli erano identici se non per la runa centrale che differiva. Non sapevo cosa dire, non ricordavo come avessi avuto quel
ciondolo ma lo tenevo sempre con me come un talismano.
“Fidati del tuo istinto Johan e vieni con me” disse Ben rimettendo il ciondolo sotto la camicia. Poi si alzò di scatto e lasciò parecchie banconote sul tavolino avviandosi verso l'uscita del pub. Avevo pochi secondi per decidere, una decisione che avrebbe cambiato il corso della mia esistenza. Ma non potei resistere a quella sorta di attrazione magnetica che l'uomo aveva nei miei riguardi, cosi lo seguì avviandomi verso l'uscita del pub. Fuori Ben mi sorrise e con un fischio chiamò un taxi, quasi per magia arrivò subito e diede l'indirizzo all'autista che ci portò a destinazione.
Capitolo II
La scelta.
In meno di un quarto d'ora ci trovammo di fronte ad un sontuoso albergo, il portinaio salutò con deferenza Ben mentre salivamo nel suo appartamento. Aveva una strana casa, era un enorme stanzone arredato. In sostanza non c'erano pareti nemmeno per il bagno. C'era la zona salotto, di fronte la stanza notte con un grosso letto matrimoniale, accanto alla sinistra la cucina e a destra il bagno. Più altre due zone in cui c'erano dei letti ed arredate come se fossero stanze degli ospiti. Era una casa in cui mancavano le pareti interne e tutta la facciata ad est era costituita da enormi vetrate che in quel momento facevano vedere il bellissimo spettacolo di una Londra dormiente al chiarore della luna.La scelta.
“Bella casa” dissi io un po' imbarazzato.
“Grazie” rispose Ben mentre si avviava verso la “stanza” da letto. Senza che dicesse
nulla Ben iniziò a spogliarsi di fronte a me. Si tolse la giacca e la camicia partendo dallo sbottonarsi i polsini. Ad ogni bottone che si slacciava fiotti di peli uscivano dal suo petto. Quando si tolse la camicia e rimase a torso nudo offriva uno spettacolo mai visto, era estremamente villoso come mai avevo visto in nessun uomo. Ma nonostante la mole dei peli mi accorsi che aveva due tatuaggi, il che era alquanto strano dato che stavano
sotto i peli. Due numeri enormi che prendevano tutta la parte superiore della spalla dalla base del collo fino al braccio, era il numero 8. Anche se dalla posizione in cui lo vedevo il simbolo 8 era coricato, quindi probabilmente rappresentava il simbolo dell'infinito. E sul petto proprio sopra l'imboccatura dello stomaco si intravedeva un altro tatuaggio, ma non riuscivo a capire bene cosa fosse perché i peli in quella zona erano troppo folti e lunghi. Ben si diede un paio di colpi sulla pancia, una bella panciona soda e tonda e disse “Qua mi fermo Johan”. “Io conosco i tuoi desideri più profondi e voglio darti la possibilità di soddisfarli una volta, prima che tu inizi il lungo viaggio, affinché non dimentichi il tuo retaggio” aggiunse toccandosi il ciondolo che portava ancora attorno al collo. Io stavo per parlare, ma non sapevo cosa dire. Da un lato ero enormemente attratto da quell'uomo villoso, fuori da ogni schema. Avevo avuto sempre il dubbio che io fossi omosessuale, ma gli uomini “gay” non mi erano mai piaciuti, troppo effeminati , magri, pieni di se in modo orrendo, quindi mi ero convinto che fossi etero anche perché essere omosessuale era davvero dura. Con la futura moglie, un fidanzamento lungo oltre 10 anni, non avevamo mai fatto sesso. Lei era un tipo all'antica voleva farlo solo dopo il matrimonio, io non ero interessato ad altre donne quindi mi ero sempre limitato con lei a dei giochetti senza andare a fondo. Ora avevo l'occasione di fare sesso per la prima volta con un uomo, uno sconosciuto che aveva una attrazione magnetica senza eguali. Ben si toccò la cinta dei pantaloni e mi guardò sorridendo.
“Allora Johan la scelta è tua, puoi andare via o rimanere per la notte e forse un giorno saprai chi sei veramente”.
Non risposi, ma era chiaro ormai che non ragionavo più. Spinto solo dall'istinto andai verso Ben e mi avvicinai a lui fino a quando la sua pancia non toccò la mia. Lo guardai, era poco
più alto di me, aveva un viso armonioso bello e duro allo stesso tempo con un grosso naso e le labbra carnose, i capelli ricci ed una nera barba fluente. Mi mise una mano dietro il collo quasi sulla nuca e poi mi baciò appassionatamente. Fu un qualcosa di indescrivibile, dapprima tentai di rimanere con gli occhi aperti ma subito mi persi nei suoi stupendi occhi azzurri, poi chiusi gli occhi e mentre le nostre labbra si toccavano, le lingue si sfioravano, i nostri respiri diventavano uno solo mi immaginai di essere padrone dell'oceano, come se avessi tutti i mari del mondo nelle mie mani. Un risucchio che sollevava la mia anima verso l'infinito. Poi il baciò cessò, avevo le vertigini aprì gli occhi e l'unica cosa che riuscì a dire fu “O Dio”. Ben sorrise e con la mano mi accarezzò il viso spostandomi i capelli di lato. Poi iniziò a sbottonarmi la camicia e a mettere le sue caldi mani sul mio torace, anche io ero piuttosto villoso. Non quanto lui certo, ma sentire le sue mani callose e forti strisciare sul mio petto e spostare i peli era molto piacevole ed eccitante. Mi tolse la camicia e la gettò per terra, mi accarezzò le spalle e le braccia. Io iniziai a toccarlo, ero molto titubante quindi misi le mani sopra i suoi pettorali poco sotto le ascelle. Nonostante
non sembrasse era piuttosto duro, ma il manto di peli che aveva rendeva morbido il passaggio delle mani sul suo torace. Lui prese la mia mano e la portò sul suo affare per farmi sentire che era duro e gonfio, anche il mio affare era cosi. Mi diede un altro bacio e poi andò verso il letto. Lentamente si sedette e si tolse gli scarponi, e le calze. Poi si levò i pantaloni e rimase con i soli boxer, si infilò sotto le lenzuola e butto via i boxer.
Ero rimasto a guardare lo spettacolo, ora lui stava sdraiato nel letto, con la schiena leggermente inclinata in avanti ad accarezzarsi il torace con la mano destra mentre con la sinistra batteva sulla piazza libera del letto.
“Dai vieni da me Johan” disse Ben, mentre il lenzuolo scendeva fino a scoprirli la pancia pelosa. Era una visione cosi eccitante che non riuscì a resistere, persa ogni inibizione mi spogliai e mi infilai sotto le lenzuola con lui. Ancora una volta i nostri corpi si toccarono, si palpeggiarono, la sua mano fini sul mio affare ed io con timore misi una mano sul suo. Sentivo al tatto che era grosso, molto grosso. Quasi non riuscivo a stringere il pugno attorno ad esso.
“Ma quanto è grosso?” dissi a Ben un po’ intimorito. “Puoi vedere se vuoi non è un segreto” disse Ben lasciandomi e mettendosi supino con le braccia dietro la nuca. Per un attimo
fui attratto dalle sue ascelle cespugliose ma poi vidi l'enorme rigonfiamento sotto il lenzuolo e timidamente con la mano feci scorrere il lenzuolo via liberando l'enorme pezzo di carne che si ritrovava tra le gambe. Rimasi sconvolto, non era possibile.
Gridai dallo stupore e dissi “Ma non sei un essere umano è enorme” , Ben rise e disse “Johan non avere paura prendilo pure in mano”. Osservai meglio il suo enorme affare era lungo il doppio del mio, io che mi ritenevo essere un normodotato con i miei 16 cm, ma la cosa che colpì fu che era enormemente grosso. Con la mano afferrai la base e mi resi conto che a stento riuscivo a far toccare l'indice con il pollice. Salii con la mano verso la punta che era ancora completamente ricoperta dalla pelle e poi la abbassai per vedere il gustoso interno all'amarena. Aveva un glande enorme e stranamente allungato, il prepuzio non collegato alla pelle quindi scendeva liberamente e la punta era dritta e rivolta verso l'alto come ad offrirsi per una sana bevuta. Notai che anche il suo affare era ricoperto di peli, le palle grosse come arance mature erano avvolte da un vello ricciuto cosi come il suo pube. Aveva una striscia di peli che saliva dal basso solo nella parte inferiore del
pene e si fermava a metà strada.
Ora non sapevo cosa fare, per me era la prima volta che mi trovavo in una situazione simile, dovevo leccare quell'enorme massa di carne? Ben mi mise una mano sulla nuca e poi mi tirò dolcemente a se, verso l'alto. “Johan” disse solamente, la mia testa era all'altezza del suo petto e quasi disteso su di lui gli accarezzai i capezzoli.
“Johan” aggiunse accarezzandomi il capo, “tu lo sai cosa vuoi veramente da me, non rinunciare al piacere”. Capii in quel momento cosa volevo, e mi voltai sul fianco sinistro, esponendogli la schiena. Sentì Ben muoversi dietro di me ed accarezzarmi la spalla, mentre dolcemente il suo corpo si affiancava al mio. Era come se fossimo fatti l'uno
per l'altro, la sua pancia si incastrava nella curva della schiena e le sue mani accarezzavano le natiche. Sentii il suo affare eretto strisciare sui miei glutei. La sua mano afferrò il mio affare e lo strinse forte, era in piena erezione ed abbassandolo lasciò
scoperto il mio glande. Senti la punta del suo affare toccare il mio ano, mentre lentamente mi penetrava con l'altra mano mi masturbava facendo in modo che le due sensazioni di piacere si mescolassero in modo quasi armonioso. Sentì che aveva superato lo sfintere anale penetrandomi solo con la sua grossa capocchia rossa e lasciò il mio affare portando le sue grosse mani sul mio torace dove iniziò a premermi i capezzoli.
“Non farmi male” dissi io, impaurito dal fatto che ancora doveva entrare quasi completamente dentro di me. Lui mi sussurrò all'orecchio “non avere paura il tuo corpo conosce già tutto”. Sentì la spinta dei suoi fianchi e mentre mi penetrava un grosso gemito mi sfuggì. La sensazione era meravigliosa, sentire quell'ammasso di carne dentro di se, non sapevo fino a che punto si era spinto ma iniziavo a sentire un po’ di dolore in un
punto imprecisato nel basso ventre. Ma lui continuò fino a quando non sentì sbattere le sue palle sulle mie natiche. Pensavo sarebbe stato doloroso, invece dopo un dolore iniziale ciò che avvertivo era una piacevole sensazione di calore e pienezza. Poi iniziò a muoversi avanti ed indietro, dapprima lentamente poi sempre più velocemente. Sembrava un treno per il rumore che faceva, il suo corpo che sbatteva nel mio ad un ritmo sempre più crescente. Dato che lo aveva molto lungo faceva un ampio arco lo usciva quasi di metà e poi lo spingeva dentro con forza. Era stupendo, iniziai a gridare dal piacere, non contavo più le bordate che mi dava con i suoi fianchi. Lo sentivo ansimare e gemere, il suo fiato sul collo, il suo petto sudato sulla mia schiena, la sua pancia poco sopra le natiche.
Mentre le sue mani mi stringevano il petto io stringevo le sue, completamente in sua balia come se non avessi altro desiderio che procurarli piacere ma in realtà stavo godendo in un modo che mai mi sarei immaginato con una penetrazione anale.
D'un tratto senti il mio affare come scoppiare, dovevo eiaculare, erano passati circa 10 minuti da quando aveva iniziato a scoparmi come un maiale. Cercai di portare le mani
sul mio affare ma lui le tenne ben salde a sé.
“Lascia che il piacere scorra, lasciati andare” disse Ben ansimando alle mie spalle. Allentò la morsa e le mia braccia furono libere ma andarono ad accarezzare il suo ventre dietro la mia schiena mentre lui mi abbracciò forte come non mai, quasi mi stritolo e posò le sue mani sul mio basso ventre mordendomi leggermente sul collo. Dopo qualche minuto non resistetti più ed eiaculai sul letto, getti di sperma caldo bagnarono le lenzuola come gli schizzi di una corda per innaffiare impazzita. Quando eiaculai il mio sfintere si serrò nello spasmo facendomi provare una sensazione di piacere mai avuta prima. Gridai di piacere fino a quando l'ultima stilla di sperma non usci fuori. Ben rallentò fino a fermarsi, lui non era ancora venuto, ma gentilmente posando la sua bocca sulla mia spalla e dopo averla baciata disse “Vuoi che ci fermiamo?”.
“No” risposi io, “continua ti prego” aggiunsi mettendo una mano sulla sua. “Ti faccio provare una cosa” disse Ben uscendo il suo affare dal mio ano. Mi voltai verso di lui, timoroso di toccare il suo affare grosso e bagnato. Lui tranquillamente si sedette sul
letto mostrando l'affare eretto come un perno, rosso e lucido come un peperone. “Siediti sopra di me” disse Ben dando un paio di colpetti sulle cosce, “Ti sei comportato bene per essere la prima volta” aggiunse con un sorriso. Io volevo soddisfare Ben, dopo che mi aveva dato tanto piacere volevo contraccambiarlo, anche se in quel momento non avevo grossa voglia di rifarmi inculare accettai e lentamente mi misi sopra di lui. Piegandomi leggermente in avanti il suo affare entrò facilmente di nuovo dentro di me, fino a quando non mi appoggiai completamente su di lui. Stavolta era tutto diverso, Ben mi mise le mani sui fianchi e lentamente si spostò sopra e sotto, io lo aiutai nel movimento, era meno ampio di prima, più lento e sensuale ma iniziai a provare nuovamente un intenso piacere. Guardavo Ben in viso che apriva e chiudeva la bocca come se sussurrasse qualcosa, i suoi splendidi occhi azzurri, la sua barba nera che ondeggiava sul petto villoso. In breve tempo ebbi di nuovo un'altra erezione, stavolta fu lui a prendere in mano il mio affare e a masturbarmi. Rimanemmo cosi per una mezz'ora fino a quando non venni di nuovo, proprio sul suo stomaco peloso. Per tutta la notte non fece altro che scoparmi in tutte le posizioni possibili e non se ne venne mai, al contrario di me che eiaculai per altre quattro volte. All'alba quando il sole sorgeva ed illuminava la stanza di una luce dorata, Ben mi fece distendere e si mise a cavalcioni su di me. Capì cosa voleva fare e misi le mani dietro la nuca, con un rapido gesto della mano eiaculò su di me getti caldi di sperma che mi colpirono la pancia, il torace e persino la faccia.
Ci asciugammo entrambi con il lenzuolo e ci addormentammo l'uno abbracciato all'altro, come se ci conoscessimo da secoli.
[CONTINUA...]
2 commenti:
Grazie per averlo pubblicato. Le immagini sono davvero appropriate :) .
Grazie a te, per il tuo contributo a WOOF! ;)
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