E mentre ancora si stanno posando
coriandoli e palloncini... qualche brevissimo commento a caldo. Ieri
si è svolto il primo Pride LGBT Nazionale nella città
di Palermo. Una città che – pur avendo dato i natali
all'associazione Arcigay e contando numerosi personaggi e capitoli
rilevanti nella storia del movimento per i diritti omosessuali in
Italia – era rimasta congelata in una bolla (in realtà
tipica di certe resistenze del Sud) per decenni, impermeabile a una
manifestazione tanto discussa quanto – soprattutto oggi –
necessaria. Necessaria perché il Pride è un esercizio
di democrazia, una piazza dove ogni diversità è
accolta. Necessaria in quanto scuola di tolleranza e non palcoscenico
di scandalo come pensano alcuni. Indispensabile come appuntamento
politico in un movimento che conosce anche i suoi punti di contrasto,
ma che sotto le bandiere di una festa (nata per ricordare un primo,
coraggioso atto di resistenza) finiscono col riunirsi. Da quattro
anni, la catena invisibile si è spezzata e il Pride si svolge
a Palermo come in tante altre città d'Italia. Il tempo in cui
pensavamo che il capoluogo siciliano non fosse maturo per queste
esperienze ce lo siamo lasciato alle spalle. Certo, la perfezione per
quanto auspicabile non esiste, e le polemiche non sono mancate. Ma
non parliamo di miracoli, bensì di un evento gioioso in grado
di essere catartico e incoraggiante per molti, giovani e meno
giovani. E questo a prescindere dai vari spiriti con i quali è
vissuto. Perché il Pride è dimostrazione vivente... un
quadro vivente e in movimento... della convivenza delle differenze e
del loro peso sul sociale.
A Palermo abbiamo avuto anche un Family
Day, confortato – pare – da pochissime adesioni. La tristezza
emerge dalle dichiarazioni che ci raggiungono attraverso la rete, e
dalle parole insensate che ancora oggi non riconoscono l'evidenza
della loro stessa pochezza. «Precisiamo che la nostra
manifestazione non intende assolutamente essere in contrapposizione
con il Pride...» ci sentiamo dire... Dopodiché ha inizio
la consueta e banalissima litania. Cioè... la Natura... quel
paradiso dove le creature per sopravvivere si mangiano a vicenda,
quel groviglio di amoralità, zeppo di bellezza come di caos e
di orrore. Eppure idolatrata in modo ottuso. Sì, perché
la Famiglia Naturale è composta da Uomo e Donna (sorvolando
sul fatto che la monogamia è un evento culturale e non certo
naturale). La Natura non si può violare... Insomma, tale e
quale che dire: «Io non sono razzista... solo non mi piacciono
i negri!» Contenti loro di apparire così. Gonfino il
petto e buon pro gli faccia.
Oggi, l'omofobia porta la maschera. Si
trucca quanto e più delle drag queen, e per esprimere il
proprio odio si traveste da benaltrismo. Nella fattispecie: la
gente perde il lavoro! E tu approvi questa pagliacciata del Pride?!
Di tali commenti balza
agli occhi l'assoluta incapacità di informarsi... o se
preferiamo... la volontà di vedere e comprendere. Come se il
Pride palermitano (pur con tutti i suoi difetti e gli aspetti
criticabili) non si sia sforzato sin dall'inizio di essere un Pride
politico e fare sue le battaglie di altre categorie: in primis quelle
dei lavoratori. Ma con certe persone non può esistere dialogo.
Si esprimono solo per slogan e sono incapaci di elaborare veramente
un pensiero articolato.
Ad ogni modo... un bellissimo Pride
nazionale. E un benvenuto agli Orsi Siculi, finalmente visibili con
il loro striscione e le loro pittoresche, simpaticissime presenze.
Un'affluenza veramente notevole, tanto che muovendoci nella folla ci
siamo accorti di non aver incrociato, quest'anno, persone in cui di
solito ci troviamo gomito a gomito, e che sono pure appariscenti. Non
perché non ci fossero, ma perché la densità
delle partecipazioni rendeva tutto molto più ricco e vario.
Anche l'asterisco (che abborriamo per motivi estetici e semiotici)
era quasi invisibile. Annegato in un oceano di simboli e di identità
differenti. Come è giusto che sia.
Viva il Pride! Viva noi tutti e tutte!
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